Una giornata emozionante

C’è una collina che sovrasta la città di Volterra, dove sorgono i resti spettrali del vecchio Ospedale Psichiatrico, ormai fatiscenti ed in stato di totale abbandono, ma che per decenni sono stati testimoni di storie di disagio e sofferenza.  Il 14 dicembre 2022, giorno in cui le classi 5 A e 5 B hanno avuto la possibilità di visitare il luogo, una fitta nebbia ed una pioggia battente ne rendevano ancora più evidente la desolazione.  Così i ragazzi hanno commentato la visita che ha suscitato in loro una viva commozione:

“Appena siamo arrivati al manicomio sono rimasta colpita dalle suggestive sculture, che rappresentavano i degenti. Suscitavano molta tristezza e inquietudine, sembravano reali.            Ad accoglierci ed accompagnarci è stata una guida eccellente, che ci ha fatto immergere completamente nella realtà dell’ex manicomio, narrandone con partecipazione la storia, mostrando ciò che succedeva all’interno ed al di fuori di esso, evidenziando il profondo e potentissimo impatto che questo ha avuto sulla storia di Volterra e dei suoi cittadini e dandoci una panoramica completa del luogo e delle persone che vivevano lì: il nostro accompagnatore è riuscito, con parole semplici, a farci immaginare quel tempo e farci sentire come se fossimo lì. Le storie che ci sono state raccontate presentavano tratti crudi ma allo stesso tempo molto avvincenti.”

“Mentre la guida parlava immaginavo pazienti, dottori ed infermieri, come se fossero ancora tra noi, mi sembrava di vedere i protagonisti delle vicende narrate”

“Tra le tante storie di questa struttura, quella più singolare è decisamente quella di Oreste Fernando Nannetti, un degente che ha trascorso gran parte della sua vita nel manicomio a causa di una serie di comportamenti considerati sintomi di una malattia mentale. Durante le sue uscite, nel cortile del suo padiglione, era solito mettersi in disparte e con la fibbia del suo gilet incidere il muro trascrivendo le sue conoscenze: parole, poesie, disegni: scene di guerra, ritratti dei propri familiari, dello staff della struttura e messaggi per la sua famiglia.”

“L’opera di Nannetti mi ha fatto pensare a quello che disse Goethe: “La pazzia, a volte, non è altro che la ragione presentata sotto diversa forma”

“Dopo aver visitato questo posto, mi son resa conto di quanta disinformazione e ignoranza ci fosse nel campo delle malattie mentali. Sono rimasta stupita dalla facilità con cui una persona potesse essere ricoverata in un manicomio: tutti potevano essere dei potenziali “matti”, qualsiasi atteggiamento o azione appena fuori dal comune potevano essere considerati dei pretesti per internare una persona.”

“La visita all’ex manicomio di Volterra è stata molto interessante e stimolante, in primo luogo ci ha fatto capire quanto la società discriminasse le persone con malattie mentali, tanto da rinchiuderle in un luogo che le faceva sentire diverse e invisibili. Inoltre abbiamo capito come vivessero queste persone all’interno della struttura e come venissero trattate dai medici, dagli infermieri e dal personale che lavorava all’interno, in molti casi come se non avessero valore e non meritassero rispetto. Abbiamo compreso quanta frustrazione potesse esserci nello scrivere lettere che non venivano spedite, in cui si chiedeva soprattutto di tornare a casa, e di poter riabbracciare i propri cari, cosa che non succedeva quasi mai visto che per lo più i pazienti rimanevano rinchiusi nella struttura fino alla morte.”

“Questa esperienza mi ha fatto riflettere su quanto siamo distanti da certe realtà fino a quando “non le si tocca con mano”. Chissà quanti di noi hanno sentito parlare dei manicomi e di come fossero brutali, ma quando qualcuno ti spiega e ti racconta anche delle esperienze vissute in prima persona accanto a quelle anime spente, percepisci tutto in modo diverso e più diretto. Mentre ero lì e camminavo nel grande cortile del padiglione Charcot, mi immaginavo gli internati seduti in quelle panchine solitarie, o che disegnavano dei graffiti nel muro per far passare quel tempo che non passava mai, soli con se stessi, in quel luogo cosi cupo che, come disse un’infermiera: “dentro il manicomio si vede in bianco e nero”. Attraverso questa frase sono riuscita quasi a sentire quella malinconia che colpiva chiunque estrasse all’interno del manicomio. È stata un’esperienza che ho apprezzato moltissimo.”

“L’aspetto che ha deluso tutti gli studenti è stata l’impossibilità di visitare gli interni delle varie strutture presenti a Volterra, purtroppo inaccessibili e diroccate.
Sarebbe stato molto suggestivo entrare all’interno delle stanze per toccare con mano lo strazio vissuto da innumerevoli uomini e donne, ma anche solo visitando l’esterno l’edificio si può percepire un senso di tristezza e solitudine, provato forse in alcuni casi anche dai pazienti”

“Visto un luogo del genere si torna a casa con un cuore un po’ più pieno di prima, arricchitosi con le vite delle persone che sono state sono state lì ricoverate, e con le idee che ci siamo fatti di esse. È perfino possibile riuscire a trovare la bellezza e il fascino di questo mondo sinistro.”

Volterra